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SIAMO SICURI CHE SIA SOLO UN GIOCO?

  • Immagine del redattore: pietrotapponi
    pietrotapponi
  • 6 nov 2018
  • Tempo di lettura: 3 min



Molti sintetizzano il calcio come solo novanta minuti di puro svago e ricreazione in cui si può esplodere di gioia o morire di rabbia, ma in pochi raccontano di come questo sport unisce e crea cose o situazione estremamente interessanti. Il calcio genera, ebbene si, in un modo totalmente misterioso riesce a mettere insieme persone con storie diversissime tra di loro e che forse non si sarebbero mai incontrati senza questo elemento sferico. Per me è stato così. Quando avevo meno di diciotto anni la mia vita era monotona e sapevo perfettamente che i momenti con i miei amici erano semplici, per esempio bevevamo molte birre in pub diversi, oppure giravamo alla ricerca di ragazze. Cercare quest'ultime non è assolutamente un male per carità, ma con il passare del tempo mi rendevo sempre più conto di essermi circondato di amicizie misere e che non mi davano nulla a parte tanta goliardia. Il calcio è stato lo strumento che mi ha fatto conoscere nuove persone, e tutto ciò è incominciato attraverso le partite della mia squadra del cuore in Champions League. Inizialmente questi amici hanno rifiutato il mio invito e sono rimasto deluso, poi alla partita successiva mi hanno chiamato proprio loro per chiedermi di poterci vedere per il match. Da li guardammo tutte le partite insieme e li nacque una bellissima amicizia con tutto il gruppo che ancora coltivo profondamente. Questo racconto vuole far capire come questo sport fa nascere rapporti e non solo questo. Nel 2015 ho iniziato la mia strada da allenatore di calcio e mi ricordo che da quando sono partito a oggi sono cambiato tantissimo. All'inizio ero timido e insicuro ma con il passare del tempo ho scoperto lati di me che non mi ero immaginato come una insperata capacità di leadership, riuscire a entrare in rapporto con i ragazzi o il desiderio di apprendere e studiare senza la paura di fare errori. L'emblema fu in una partita con una categoria Allievi. Io ero il vice-allenatore, e durante la notte prima di una partita l'allenatore capo fece un incidente stradale finendo in ospedale. Niente di grave tranquilli, ma fu impossibilitato a seguire la partita e mi quindi il compito cadde su di me. Il match era contro i primi in campionato e venivamo da una serie molto negativa, perciò ero teso, e visto che non avevo mai allenato una categoria così grande sentivo una fortissima pressione. Poi ebbi un bellissimo pensiero. Nella mia testa è entrato all'improvviso l'entusiasmo di poter giocare tale partita e della fortuna che ho avuto nell'essere in quella situazione. La mattina dopo, arrivato nello spogliatoio, notai immediatamente uno spirito di rassegnazione che mi infastidì tantissimo e incominciai a parlare. Dissi che non mi interessava il risultato ma che la capolista, per strappare punti con noi, avrebbe dovuto dare tutto quello che aveva per vincere, e chi la pensava diversamente poteva anche alzarsi e ritornare a casa a dormire. La reazione dei ragazzi fu splendida tanto che iniziammo la partita in vantaggio. Alla fine perdemmo ma ebbi grandi complimenti da genitori, dirigenti e addirittura da tutto lo spogliatoio, e li mi scese una lacrima. Sinceramente non credevo di essere in grado di poter gestire una situazione del genere ma rimasi colpito del contrario portando questa esperienza sempre con me. Un giorno un mio amico mi disse questo: “Si vede che sei cambiato perché fai una cosa che ami e senti tua”. Ecco penso che il calcio in molti di noi esprima questo perché è di tutti e può entrare in qualsiasi persona o aspetto della nostra vita cambiandola.



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